Questa la più grande ricchezza
che Ferrandina possiede...
CHIESA MADRE
SANTA MARIA DELLA CROCE
Ferrandina
Parte V
STAUROTECA
La mistilinea base rettangolare
con quattro lobi angolari è contornata da una piatta tesa periferica, a punta
sui lati lunghi, e rialzata da un alto bordo tornito. Il modulo geometrico
inciso sul fondo a bulino profila la sagoma di base, fregi fogliati sui lobi di
base incorniciano le quattro formelle saldate a losanga. Tre di esse contengono
uno stemma nobiliare su un campo verde a fogliami ridotti. L’arma d’argento
alla fascia di rosso con bordatura di azzurro è lo stemma della famiglia
Sanseverino, conti di Tricarico (B. Candida Gonzaga, 1965, vol 1 p. 110).
Un’iscrizione latina a caratteri
gotici e smalto blu champlevè profila il cono trapezoidale del piede decorato
nelle quattro specchiature da ramages su fondo bulinato. La scritta… “+ ECCE : LIGNUM : CRUCIS :
VENITE : ADOREMUS : ECCE : LIGNUM : CRU”, esortazione alla preghiera, ha
perduto il suo effetto cromatico per la scomparsa dello smalto colorato dagli
alveoli della lamina. Il fusto niellato, sottile e slanciato a sezione quadata,
ha campi di fondo bulinati a racemi di acanto incisi e prende origine da un
nodo geometrico a smalto blu con tralci verdi e fiori gialli. Cinto da
merlatura, il fusto si presenta diviso in due segmenti e interrotto da un
tornito nodo gonfio a sagoma quadrata ribassata. La Stauroteca con bracci tubolari in cristallo
di rocca ha le legature terminali a fregi geometrici, presenti anche sulla
base. Il nodo centrale è ripartito in triangoli d’acanto incisi a motivi
fogliati su fondo a bulino. I quattro terminali trilobati a punta presentano
sul recto, tra racemi di acanto, la vergine a sinistra, San Giovanni a destra
e, in basso, la Maria Maddalena con pisside; il terminale apicale e scandito da
sinuosi tralci vegetali. I tre terminali posteriori a bulino, sono simili a
quelli apicali del recto, mentre il frontale cimoso reca inciso L’Agnus Dei. La
Croce è incorniciata da una inponente raggiera in lamina d’argento, aggiunta
successivamente e fissata con viti. Essa è scandita dall’alternarsi di lingue
di fuoco e di raggi puntiformi con listellature esterne a zone tornite. Un
bordo classico ad incisi ovuli incorniciati è interrotto nei tre punti di
flesso da gonfie volute. La Stauroteca è citata nei documenti d’archivio
soprattutto per la sua funzione mistica e religiosa. Gli stemmi attesterebbero
la donazione da parte dei Sanseverino, Conti di Tricarico e Principi di
Bisignano. Nella Santa Visita Pastorale di Mons. Pietro Giovine, Arcivescovo di
Acerenza e Matera, eseguita il 27 Giugno 1872 (Archivio Capitolare Materano) si
legge che la reliquia del Santo Legno della Croce “racchiusa in una croce
formata da tubi di cristallo legati in argento a forma di sfera, con piede di
ottone” è priva di autentica. L’Arciprete Ruggero Lisanti in risposta afferma
che “ l’autentica è fornita dall’antichità delle medesime massimo per quanto
riguarda la reliquia del Santo Legno che esisteva nell’antico paese abbandonato
e denominato “Uggiano”, da cui venne qui religiosamente trasportata… trovasi
descritti due miracoli. Accesosi un incendio nella Chiesa ove veniva custodito
il Santo Legno tutto venne divorato dalle fiamme, ad eccezione del solo Legno
ove veniva conservato. Più eclatante il secondo. Movendo da Montepeloso i
Saraceni assalirono il Castello di Uggiano. Dopo parecchi giorni di assedio,
gli assediati non traendo altro scampo ricorsero al Sacro Legno della Croce
onde essere liberati da sì terribile nemico. Ebbe luogo una processione, ed al
mostrarsi del Sacro Legno i cavalli caddero ginocchioni. In vista di ciò i
Saraceni tolsero l’assedio e presero la fuga. Così la leggenda. Da ciò penso
che sia derivata la grande devozione dei Ferrandinesi verso questo prezioso
evento della nostra Redenzione. Infatti tutte le volte che si teme qualche
turbine e tempesta che potesse compromettere il raccolto, i devoti accorrono in
chiesa, e ne domandano l’esposizione, e tal fiata viene anche processionalmente
portato fuori di Chiesa. Quale autentica dunque migliore di questa, oltre di
quelle che le viene dall’antichità” La Stauroteca, provvista del più antico
bollo dell’Arte degli Orafi di Napoli rinvenuto in Basilicata (NAPL in
caratteri gotici maiuscoli con lettere legate tra di loro), è databile alla
metà del sec. XV, mentre la corona raggiata è un’aggiunta seicentesca per la
resa compatta della lamina argentea e per i decori d’ispirazione
tardo-cinquecentesca. Sul rovescio della base è ripetuta varie volte la
“saggiatura” a tratto zigrinato, deciso e prolungato, al fine di verificare la
quantità d’argento esistente. Il meraviglioso arredo è la fusione di due
espressioni d’arte, distinte per stile e per epoca: infatti alla raggiera di
fattura più rozza collocata per assicurare la statistica dell’oggetto, fa
riscontro l’elegante composizione a giochi d’effetto policromo. Armoniosa nei
colori dello smalto e minuziosamente curata nel gioco decorativo a ramages, che
ritorna in riquadri ridotti, la Stauroteca trova la sua finezza d’esecuzione
nei terminali di gusto gotico con iconografie miniaturistiche e compatte,
emergenti dalle capiture listellate. L’influsso gotico è presente nelle
smaltate formelle geometriche di base, nei caratteri dell’iscrizione, nell’uso
diffuso dello smalto champlevè, abbinato al gusto della doratura, e nei
panneggi delle figurine del tratto statico di marca ancora Bizantina. Il
Reliquiario del Santo Legno della Croce è racchiuso in una custodia di
marocchino marrone, tempestata di minuti fiori stellari e dorati, a base di
sostegno quadrata, sagoma romboidale e chiusura laterale. Internamente è
rivestita in broccato rosa a motivi losangati bianchi e gialli. Sul retro vi è
al centro una croce lineare tra un Santo inginocchiato con aureola e corona ai
piedi e uno stemma da identificare con quello della famiglia Purpura. Infatti
oltre alla data 1630 e all’iscrizione “ IN HOC SIGNO VINCENS”, collocati al di
sotto della Croce, è inciso sulla base “MODUM R.V.I.D. THOMA PURPURA
ARCHIPRESBITERO” All’Arciprete Tommaso Purpura, che appare donatore della
custodia, si deve probabilmente anche l’aggiunta dell’argentea cornice che
risponde a esigenze di gusto Barocco. In tale occasione la Croce venne
manomessa. La Croce Latina infatti, rispetto all’uso cattolico appare montata
al rovescio e i terminali trilobati, alloggianti la Vergine, San Giovanni e la
Maria Maddalena risultano invertiti rispetto all’Agnus Dei posto nel verso. Il
fusto sfaccettato è stato privato forse nella stessa circostanza, del nodo di
raccordo. La Stauroteca ha perso così la sua ieratica staticità, suggerita
dalle forme rigorosamente geometriche, che si esplicano nella sagoma tubolare.
La carica di fascino, ottenuta tramite l’argentea ghiera dentellata, è
sottolineata dal cromatismo di base, un tempo più netto, che conferisce maggior
sontuosità e fasto all’arredo.
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