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I Sassi di Matera

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venerdì 22 gennaio 2021

domenica 17 gennaio 2021

La Storia Antica a Ferrandina non interessa a nessuno...

Un Palazzo Gentilizio 
lasciato in completo abbandono

Un anno fa' pubblicavo questo articolo su un quotidiano regionale pensando di smuovere un po' le coscienze di Amministratori locali e Regionali affinchè prendessero dei provvedimenti di tutela e di cura per il patrimonio Storico locale, nulla di fatto, pare che nessuno sia interessato alla conservazione di testimonianze storico/monumentali di questo Paese, spero nell'interesse di prossimi amministratori interessati alla valorizzazione di questi tesori artistici e nella loro rivalutazione, è un peccato vederli deperire ogni giorno di più.

 









lunedì 4 gennaio 2021

Le origini della Befana

 L’Epifania Storia e Leggenda


La Befana, corruzione lessicale di Epifania (dal greco ἐπιφάνεια, epifáneia) attraverso bifanìa e befanìa, è una figura folcloristica legata alle festività natalizie, tipica di alcune regioni italiane e diffusasi poi in tutta la penisola italiana, meno conosciuta nel resto del mondo. Secondo la tradizione, si tratta di una donna molto anziana che vola su una logora scopa, per fare visita ai bambini nella notte tra il 5 e il 6 gennaio (la notte dell'Epifania) e riempire le calze lasciate da essi, appositamente appese sul camino o vicino a una finestra; generalmente, i bambini che durante l'anno si sono comportati bene riceveranno dolciumi, caramelle, frutta secca o piccoli giocattoli. Al contrario, coloro che si sono comportati male troveranno le calze riempite con del carbone o dell'aglio.

La Sua Storia


L'origine fu forse connessa a un insieme di riti propiziatori pagani, risalenti al X-VI secolo a.C., in merito ai cicli stagionali legati all'agricoltura, ovvero relativi al raccolto dell'anno trascorso, ormai pronto per rinascere come anno nuovo, diffuso nell'Italia settentrionale, nell'Italia Centrale e meridionale, attraverso un antico Mitraismo e altri culti affini come quello celtico, legati all'inverno boreale.

Gli antichi Romani ereditarono tali riti, associandoli quindi al calendario romano, e celebrando, appunto, l'interregno temporale tra la fine dell'anno solare, fondamentalmente il solstizio invernale e la ricorrenza del Sol Invictus. La dodicesima notte dopo il solstizio invernale, si celebrava la morte e la rinascita della natura attraverso Madre Natura. I Romani credevano che in queste dodici notti (il cui numero avrebbe rappresentato sia i dodici mesi dell'innovativo calendario romano nel suo passaggio da prettamente lunare a lunisolare, ma probabilmente associati anche ad altri numeri e simboli mitologici) delle figure femminili volassero sui campi coltivati, per propiziare la fertilità dei futuri raccolti, da cui il mito della figura "volante". Secondo alcuni, tale figura femminile fu dapprima identificata in Diana, la dea lunare non solo legata alla cacciagione, ma anche alla vegetazione, mentre secondo altri fu associata a una divinità minore chiamata Sàtia (dea della sazietà), oppure Abùndia (dea dell'abbondanza).

Un'altra ipotesi collegherebbe la Befana con un'antica festa romana, che si svolgeva sempre in inverno, in onore di Giano e Strenia (da cui deriva anche il termine "strenna") e durante la quale ci si scambiavano regali.

La Befana secondo interpretazioni largamente accettate in centro e nord Europa si richiamerebbe alla figura celtica di Perchta, assimilabile ad alcune figure come ad esempio Frigg in Scandinavia, Holda in nord Europa, Bertha in Gran Bretagna, Berchta in Austria, Svizzera, Francia e Nord Italia; è una personificazione al femminile della natura invernale, viene rappresentata come una vecchia gobba con naso adunco, capelli bianchi spettinati e piedi abnormi, vestita di stracci e scarpe rotte, aleggiando sopra i campi e terreni di notte ne propizia la fertilità, e viene festeggiata nei 12 giorni che seguono il Natale, culminanti in coincidenza con l'epifania.

Già a partire dal IV secolo d.C., l'allora Chiesa di Roma cominciò a condannare tutti riti e le credenze pagane, definendole un frutto di influenze sataniche. Queste sovrapposizioni diedero origine a molte personificazioni, che sfociarono, a partire dal Basso Medioevo, nell'attuale figura ripulita da contaminazioni favolistiche o pagane, anche se il suo aspetto, benevolo e non negativo, è stato ed è tuttora, per influenza della festa di Halloween, erroneamente associato a quello di una strega. In realtà non è una strega, ma una vecchina affettuosa, rappresentata su una scopa volante, antico simbolo che, da rappresentazione della purificazione delle case (e delle anime), in previsione della rinascita della stagione.

Condannata quindi dalla Chiesa, l'antica figura pagana femminile fu accettata gradualmente nel Cattolicesimo, come una sorta di dualismo tra il bene e il male. Già nel periodo del teologo Epifanio di Salamina, la stessa ricorrenza dell'Epifania fu proposta alla data della dodicesima notte dopo il Natale, assorbendo così l'antica simbologia numerica pagana.

Nel 1928, il regime fascista introdusse la festività della Befana fascista, dove venivano distribuiti regali ai bambini delle classi meno abbienti. Dopo la caduta di Mussolini, la Befana fascista continuò a essere celebrata nella sola Repubblica Sociale Italiana.

Nel periodo più recente, innumerevoli e largamente diffuse sono le rappresentazioni italiane della Befana e le feste a lei dedicate; spesso si tratta di un figurante che si cala dal campanile della piazza di un paese, oppure di vecchiettine travestite per distribuire regali ai bambini. La tradizione la vuole "vecchia" ad indicare il finire di un ciclo: con il solstizio d'inverno si passa infatti dal vecchio al nuovo, dal freddo e dalle notti interminabili all'allungarsi del periodo di luce; inoltre, a livello di calendario legale, con la fine dell'anno si entra nel nuovo anno gregoriano; anche a livello liturgico si conclude il Tempo Liturgico forte, natalizio, e comincia quello Ordinario. Proprio per questo il giorno dell'Epifania, quando si festeggia anche la Befana, viene recitato "Epifania, tutte le feste porta via".

Caratteristiche


Il nome "Befana", inteso come il fantoccio femminile esposto la notte dell'Epifania, era già diffuso nel dialettale popolare del XIV secolo, specialmente nelle terre dell'antica Etruria (Toscana e Tuscia nell'attuale Lazio settentrionale), quindi utilizzato per la prima volta in italiano da Francesco Berni nel 1535, quindi da Agnolo Firenzuola nel 1541. Poiché, per tradizione, la Befana lascia i doni in una calza appesa al camino, a Dovadola nell'Appennino forlivese, si prepara la calza definita "la più lunga del mondo". Vi sono ancora taluni rari luoghi in cui è rimasto, nel linguaggio popolare, il termine "Pefana" come, per esempio, nel paese di Montignoso, nel resto della Provincia di Massa-Carrara, in quella della Spezia nonché in Garfagnana e Versilia, con tradizioni non in linea con le consuete celebrazioni dell'Epifania.

Una versione religiosa (frutto del tentativo moderno di "cristianizzare" la figura della befana) invece racconta che i Re Magi in viaggio per Betlemme avessero chiesto informazioni sulla strada ad una vecchia, e che avessero insistito perché lei andasse con loro a portare i doni al salvatore. La vecchia rifiutò, ma poco dopo, pentita, preparò un sacco pieno di doni e si mise in cerca dei Magi e del bambino Gesù. Non trovandoli bussò ad ogni porta e consegnò i doni ai bambini sperando di potersi così far perdonare la mancanza.

Il carattere

La Befana richiama la tradizione religiosa di Santa Lucia, che dispensava doni ai bambini prima di lei, come faceva San Nicola prima dell'avvento di Babbo Natale. Non è dunque cattiva, è solo infastidita con gli adulti e scorbutica con chi non le aggrada perché tenta di fare il furbo; ma con i bambini si mostra indulgente e comprensiva, una nonnina piena di attenzioni e regali.

Aspetto fisico e simbologia 

Non si tratta di una bella donna, giovane e accattivante, ma, al contrario, di una vecchina rattrappita dagli acciacchi dell'età e dal freddo, con pochi denti, il volto grinzoso e talvolta, ma non sempre, un naso molto prominente per enfatizzarne la vecchiaia e la poca beltà dovuta all'età anagrafica. L'aspetto da vecchia deriva da una raffigurazione simbolica dell'anno vecchio: una volta davvero concluso, lo si può bruciare, così come accadeva in molti paesi europei, dove esisteva la tradizione di bruciare dei fantocci vestiti di abiti logori, all'inizio dell'anno (vedi, ad esempio, la Giubiana e il Panevin o Pignarûl, Casera, Seima o Brusa la vecia, il Falò del vecchione che si svolge a Bologna a Capodanno così come lo "sparo del Pupo" a Gallipoli, oppure il rogo della Veggia Pasquetta che ogni anno il 6 gennaio apre il carnevale a Varallo in Piemonte). In molte parti d'Italia, l'uso di bruciare o di segare in pezzi di legno un fantoccio a forma di vecchia (in questo caso pieno di dolciumi) rientrava invece tra i riti di fine Quaresima, cosa analoga avviene nel Salento con il fantoccio della Caremma, addobbata con i suoi simboli iconografici che ricordano le antiche Moire. In quest'ottica, anche l'uso dei doni assumerebbe, nuovamente, un valore propiziatorio per l'anno nuovo.

Gli abiti e le scarpe 

Per ripararsi adeguatamente la Befana indossa gonnoni lunghi, lisi e rattoppati in maniera allegra; spesso indossa il grembiule. Usa inoltre calzettoni pesanti antifreddo e scarpe comode, ma non stivali alla guascone molto più adatti alle streghe delle fiabe. Sulle spalle a volte ingobbite ha sempre uno scialle di lana pesante e colorata e non un mantello svolazzante come capita di trovare in alcune immagini nella rete.

Il fazzolettone

Non bisogna confondere la Befana con le streghe della tradizione anglosassone. Una Befana vera, infatti, non ha il cappello a punta, come spesso appare su molti siti, blog, e persino in alcune pubblicità televisive. Usa invece esclusivamente un fazzolettone di stoffa pesante (la pezzóla) o uno sciarpone di lana annodato in modo vistoso sotto il mento.

La scopa

Ha una scopa, usata spesso per appoggiarsi o per volare brevemente. Nell'immaginario, la Befana cavalca la scopa al contrario delle raffigurazioni di streghe, e cioè tenendo le ramaglie davanti a sé. Anche in questo, dunque, l'iconografia specifica della Befana non è totalmente assimilabile a quella delle streghe. 

La calza 

Altro frequente errore di "immagine" della Befana è quello relativo al sacco dei doni: in realtà la vera Befana porta i suoi regali e il suo carbone e aglio in sacchi di iuta sfatti e slabbrati che assumono la forma di calzettoni enormi, o nelle gerle di vimini, dipende dalla territorialità e dalla tradizione del luogo dove si festeggia.

Il carbone

Secondo la tradizione orale, la Befana consegna regali ai bambini buoni o carbone e aglio ai bambini birichini. Il carbone - o anche la cenere - da antico simbolo rituale dei falò inizialmente veniva inserito nelle calze o nelle scarpe insieme ai dolci, in ricordo, appunto, del rinnovamento stagionale, ma anche dei fantocci bruciati. Nell'ottica morale cattolica dei secoli successivi, nelle calze e nelle scarpe veniva inserito solo il carbone e/o l'aglio come punizione per i soli bambini che si erano comportati male durante l'anno precedente.

Feste della Befana in Italia


In Liguria Bazâra (pronuncia basâra), la Befana ha un etimo diverso dall'italiano, infatti in lingua genovese ha il significato di "vecchia sporca e trasandata", basti pensare alle lingue iberiche per l'etimo della parola basura che parimenti può significare persona sporca e trasandata; la festa di Bazara è ancora oggi chiamata "Pasquetta"; diversamente che in italiano, con Pasquetta non si indica in Liguria il giorno dopo Pasqua, ma una festività qualunque.

Non è solo la parola a cambiare, ma anche alcune tradizioni, i ragazzi ad esempio ricevono ciapellette, delle scarpette, e non calze, di cioccolato ripiene di castagne secche aglio e mandarini o in alternativa marenghi d'öo, soldi in cioccolato; tradizionalmente si lasciavano le proprie scarpe fuori dalla finestra e lo spirito aleggiante di Bazâra nella notte le avrebbe riempite, poiché nella leggenda si ipotizzava che avesse le scarpe rotte e ne avesse bisogno di nuove, e avrebbe lasciato una ricompensa a tutti i ragazzini che fossero disponibili a lasciarne un paio in dono, fuori dalla finestra appunto. Si tratta della prima festività dell'anno in cui nella tradizione si mangia pesce e lasagne impastate senza uovo, dette bianche, Epifagna Gianca Lasagna (ovvero Mandilli de Sea), e le ragazze un tempo lasciavano foglie d’ulivo sulla cenere calda del camino per trarre profezie d'amore.

Ad Urbania viene tradizionalmente collocata la Casa Ufficiale della Befana. Vi si celebra inoltre ogni anno la "Festa Nazionale della Befana", tradizione ormai ventennale e conosciuta in tutta Italia.

In Toscana, nella provincia di Grosseto, esistono i Befani (all'isola d'Elba sono detti Befanotti), uomini che il giorno dell'Epifania vanno assieme alla Befana per le vie cittadine dei paesi a eseguire canti tradizionali maremmani, augurando la "buona Pasqua" (augurio legato alla liturgia dell'Epifania, quando in Chiesa viene letto "l'annuncio del giorno di Pasqua"). A Capezzano Pianore, frazione della provincia di Lucca, la festa è particolarmente sentita il 5 gennaio, con la partecipazione di gruppi che accompagnano con canti e musiche popolari le befane che recano doni e dolciumi nelle borgate del paese fino a notte fonda. Il 6 gennaio la festività culmima con la processione liturgica recante la statua di Gesù fanciullo.

In Sardegna, la "Befana" italiana è invece un'introduzione che, per quanto non indigena e relativamente recente, nell'isola è infine giunta a soppiantare le feste più tradizionali, come sa Pasca de sos tres Res o de is tres Urreis, analoga alla spagnola festa de los reyes magos. La Carta de Logu, rimasta in vigore fino al 1827, si esprime in merito all'Epifania chiamandola Pasca Nuntza, essendo questa la giornata stabilita per la corretta definizione delle feste mobili, fra cui la Pasqua (in lingua sarda conosciuta come sa Pasca Manna).

Filastrocche e leggende popolari

«Oh Befana Befanina

Fai ben piena la calzina!

Non badare ai capriccetti

Porta bambole e confetti!»


«La Befana vien di notte

con le scarpe tutte rotte

con le toppe alla sottana

viva viva la Befana!»

 

da cui deriva la variante:

 

«La Befana vien di notte

con le scarpe tutte rotte

con il naso alla romana

(o: col cappello alla romana)

(o: col vestito alla romana)

viva viva la Befana!»

 

Questa è una variante diffusa in Toscana:

 

«La Befana vien di notte

con le scarpe tutte rotte

attraversa tutti i tetti

porta bambole e confetti»

 

oppure:

 

«La Befana vien di notte

con le scarpe tutte rotte

se ne compra un altro paio

con la penna e il calamaio»

 

Altre varianti:

 

«La Befana vien di notte

con le scarpe tutte rotte

il vestito a trullallà

la Befana eccola qua!»

 

«La Befana vien di notte

con le scarpe tutte rotte

il vestito tutto blu

la Befana viene giù»

 

«La Befana vien di notte

con le scarpe tutte rotte

il vestito a gran sottana

viva viva la Befana!»

 

«La Befana vien di notte

con le scarpe tutte rotte

il vestito e la bandana

viene viene la Befana!»

 

«La Befana vien di notte

con le scarpe tutte rotte

e le ha rotte in cima in cima

la Befana è poverina»

 

«La befana vien di notte

con le scarpe tutte rotte

porta vento e tramontana

viva viva la Befana!»

 

«La befana vien di notte

con le calze tutte rotte

col vestito alla spagnola

passa di qui una volta sola!»


Secondo una versione "cristianizzata" di una leggenda risalente intorno al XII secolo, i Re Magi, diretti a Betlemme per portare i doni a Gesù Bambino, non riuscendo a trovare la strada, chiesero informazioni a una signora anziana. Malgrado le loro insistenze, affinché li seguisse per far visita al piccolo, la donna non uscì di casa per accompagnarli. In seguito, pentita di non essere andata con loro, dopo aver preparato un sacco pieno di doni, uscì di casa e si mise a cercarli, senza riuscirci. Così si fermò a ogni casa che trovava lungo il cammino, donando i regali ai bambini che incontrava, nella speranza che uno di essi fosse il piccolo Gesù. Da allora girerebbe per il mondo, facendo regali a tutti i bambini, per farsi perdonare.

In alcune versioni si dice che sia la moglie di Babbo Natale, o in altre una sua amica o una sua parente; in altre invece si narra che siano in leggera conflittualità visto che il signore in rosso andrebbe a spargere la voce della non esistenza di questa vecchina. In altre ancora si racconta che la Befana abbia un marito (Il Befanotto) molto vecchio, brutto a tal punto da incutere terrore nei bimbi vedendolo arrivare, mentre accompagna la sua vecchia e malandata moglie.

In alcune zone d'Italia da tempo immemorabile c'è l'uso di cantare e suonare serenate e stornelli della Befana nella serata e nella notte tra il cinque e il sei gennaio.