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Convento di
Santa Chiara
Ferrandina
di Enzo
Scasciamacchia
Una torre quadrata dall’aria burbera e
austera sorveglia a vista Ferrandina, la città non ha più bisogno di essere
protetta, non ha più minacce, eppure quell’ultimo baluardo di difesa continua a
restare in piedi. Anche quella torre quadrata ha ormai perso la sua funzione
originaria ed è diventata il simbolo del Convento di Santa Chiara. Il convento
si trova nello stesso luogo dove era stata edificata una fortezza, proprio per
questo ha continuato a mantenere nei secoli un aspetto dedito alla sobrietà e
alla semplicità. L’inizio dei lavori è avvenuto in pompa magna nel 1610, alla
presenza di tutto il clero lucano. L’istituzione di un monastero era stato
fortemente voluto dalle famiglie nobili della zona, desiderose di avere un
luogo degno a cui consegnare le proprie figlie che avevano scelto la vita
monastica. Le famiglie Cantorio e De Lorenzis di Ferrandina avevano bramato
fortemente l’elezione di un membro della propria famiglia al ruolo di badessa,
al fine di potersi aggiudicare la gestione dei pascoli di proprietà del
monastero. Il monastero non custodisce opere di particolare valore ma fanno
eccezione una crocefissione, opera di Pietro Antonio Ferro, ed una tela che
raffigura l’Immacolata ed è stata attribuita a Francesco Solimena (1730). Con
l’emanazione degli editti napoleonici anche il convento di Santa Chiara, perse
la sua funzione religiosa e ha iniziato una lenta metamorfosi che nel tempo
l’ha portato a diventare un contenitore culturale, ospitando nelle sue stanze
mostre ed eventi. Dal 2015 le sale del convento di Santa Chiara hanno aperto le
porte al Museo della Civiltà Contadina e dei Mestieri Antichi. Il museo è nato
nel 2009 come mostra permanente, ospitata all’interno del palazzo di proprietà
della famiglia Trifogli- Saggese. L’istituzione di questo luogo era stata
fortemente caldeggiata da tutta la comunità di Ferrandina che desiderava poter
rivivere un passato a tratti idilliaco, caratterizzato da una vita semplice e
rustica. Un angolo di storia che potesse essere motivo di riflessione per le
giovani generazioni. Il gran numero di visitatori e i continui contributi che i
privati donarono al museo pian piano hanno reso necessario il
trasferimento in un luogo più grande, che potesse anche ospitare laboratori e
seminati. Il museo è diviso in tre sezioni. Nella prima parte si ritrovano
piccoli angoli della bottega di un barbiere e di un calzolaio, l’officina di un
fabbro, il laboratorio di un falegname ed un imponente telaio che veniva
utilizzato dalle donne per realizzare la Ferlandina. La seconda parte ospita la
ricostruzione della vita nei campi, grazie all’utilizzo di un rudimentale
aratro e di oggetti di lavoro quotidiani. L’ultima parte, quella più interna, è
la cantina, un luogo fresco che ricrea l’ambiente adatto per la conservazione
dei cibi. I figuli, maestri di ceramica e terracotta di Ferrandina, hanno
messo a disposizione una vasta collezione di oggetti, in particolare giare e
vasi ed un cassone per la conservazione di cereali e legumi. Nell’immenso
patrimonio storico custodito da questo museo spicca una raffigurazione unica ed
introvabile della Madonna degli Ulivi, che viene venerata solo a Ferrandina. Il
museo della Civiltà Contadina e dei Mestieri Antichi è ancora in
fieri, in un continuo divenire che deve tutto al prezioso contributo dei
cittadini, curiosi e attenti custodi della tradizione.
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