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I Sassi di Matera

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mercoledì 28 novembre 2018

Ferrandina Monastero di san Francesco d'Assisi


Ancora un mio articolo sul quotidiano Roma Cronache Lucane riguardante le bellezze di Ferrandina, oggi San Francesco d'Assisi, Monastero e Chiesa lasciate nel dimenticatoio, con un restauro mai ultimato.




Monastero di San Francesco d’Assisi

Ferrandina

II Parte

La chiesa dedicata a San Francesco d’Assisi viene fondata contemporaneamente al Monastero. La chiesa aveva le pareti e l’Abside ricoperte da affreschi (affiorati dopo la caduta degli stucchi), attualmente di difficile lettura. Nel secondo ventennio del XVIII secolo, iniziarono i lavori di ridefinizione dell’interno; gli affreschi scompaiono, occultati da una fastosa decorazione a stucchi, tuttora ben visibile, oggetto negli ’80 del secolo scorso di apposito intervento di restauro. Nei nicchioni laterali si collocarono altari a uno o a tre fornici, decorati a volute e viluppi fitomorfi; nel presbiterio, nell’anno 1724, viene eretto un altare Maggiore particolarmente ornato. La chiesa ha la tipica facciata a capanna con tetto a due falde. L’ingresso è sormontato da una apertura con profilo superiore arcuato; in sommità si leggono tre finestre che illuminano la navata con volta a botte. Sul fianco sinistro è denunciata chiaramente l’aggiunta realizzata nel 1769 della navata laterale, divisa in campate con volte a crociera, cui si accede da un portale laterale, inquadrato da paraste, sormontato da capitelli e da un architrave scolpito. Il lato posteriore del monumento è alquanto frastagliato e di non facile lettura; in ogni modo, sono evidenti particolari costruttivi e architettonici molto interessanti, come una serie di archi al piano superiore, un camino interamente costruito in mattoni, gli ambienti voltati del Convento, ecc. sul lato destro del prospetto principale, attraverso un’apertura a sesto ribassato, mediato da un passaggio voltato, si accede al chiostro interno, contornato da portici con volte a crociera con sezione a sesto acuto. Al centro del chiostro vi è un pozzo di pregievole fattura in buono stato di conservazione; al piano superiore, invece, erano ubicate le celle dei Frati che prospettavano sul cortile interno. Lungo le pareti di accesso al portico, sono visibili parititi un tempo decorati da affreschi raffiguranti la vita di San Francesco, intramezzati da nicchie votive (poi chiuse). Da evidenziare, inoltre, gli ambienti destinati a depositi e a stalle. L’intero Complesso, costituito dal Monastero, dalla chiesa e dal giardino (adibito a fritteto, uliveto e vigna), è interamente compreso in una recinsione in conci di pietra locale con struttura ad archi, particolarmente visibile nella zona a valle del Monumento, dove il terreno subisce un brusco salto di quota. Fino alla sua soppressione dovuta alle leggi Napoleoniche eversive delle proprietà Ecclesiastiche, ha avuto una vita caratterizzata da notevole importanza e splendore. La soppressione, da inizio al rapido disfacimento del complesso monastico e alla dispersione del suo Patrimonio. Dai documenti depositati presso l’Archivio di Stato di Potenza, in data 19/02/1812, si diede inizio all’inventario del ricco corredo della chiesa e della Sagrestia, nonché dei libri della Biblioteca e il tutto fu affidato in custodia al Sindaco del Comune, Sig. Gianbattista Trifogli, e al Sig. Giuseppe De Porcellinis principale proprietario della cittadina. Successivamente, l’Intendenza di Finanza di Potenza, previa redazione nel 1967 di un quaderno di stima, alienò il giardino e alcuni ruderi del Monastero a privati cittadini. La chiesa, rimasta nella disponibilità del Comune, venne adibita, per circa 60 anni, a luogo di pubblica sepoltura, fino ad essere utilizzata come fienile e addirittura come ovile. Tale processo di decadimento è stato interrotto solo negli anni 80 del secolo scorso, grazie all’acquisizione da parte della Provincia di Matera dei locali del Monastero e del giardino e grazie, altresì, alla realizzazione dei lavori di recupero e restauro fatti eseguire, a cura del Comune, sull’intero Complesso; lavori purtroppo interrotti prima del loro completamento. Il Complesso Monumentale sopra descritto è già stato riconosciuto di interesse Storico/Artistico.







giovedì 22 novembre 2018

Monastero di San Francesco d'Assisi



Ennesimo articolo sul quotidiano Roma Cronache Lucane




MONASTERO
DI SAN FRANCESCO D’ASSISI
Ferrandina
I Parte

Sorge in posizione dominante la Valle del Fiume Basento, all’ingresso dell’abitato di Ferrandina che insiste su di un insediamento antico pluristratificato, ben noto per i numerosi rinvenimenti di reperti e strutture venuti in luce nei decenni passati, come risulta dalla carta di distribuzione dei ritrovamenti archeologici. Sebbene nell’area del Monastero non siano state esguite ricerche archeologiche sistematiche, e qui attestata una frequentazione in età antica. Infatti, da notizie bibliografiche, si conosce che nell’anno 1966 fu eseguito dall’archeologo Dinu Adamesteanu un breve saggio di scavo nella zona antistante alla chiesa, che risultò interessata da sepolture medievali, le quali avevano in parte sconvolto e riutilizzato materiale litico di tombe più antiche. Da alcuni elementi di corredo e frammenti ceramici e bronzei di provenienza sporadica, sembra che l’area intorno al Monastero sia stata destinata a necropoli almeno nel corso del VII secolo A.C. di questo ritrovamento, purtroppo, non vi è agli atti d’ufficio documentazione alcuna che possa attestare la precisa ubicazione della necropoli e le caratteristiche delle sepolture individuate. I Padri Francescani Minori Riformati, si fermarono a Ferrandina nel primo decennio del XVII secolo, nonstante l’opposizione dei Domenicani e dei Cappuccini, infatti, il permesso a eleggere la cappela dedicata alla Madonna delle Grazie ha proprio luogo Sacro, fu loro concesso con decreto dell’Arcivescovo di Matera e del Vicario Foraneo della Città, D. Gaspare De Leonardis. In seguito il luogo si rivelò inadeguato per costruirvi un Monastero, tanto che i riformati si trasferirono nella chiesa di Santa Maria del Carmine. In questo luogo, a spese dell’università, sotto il Pontificato di Paolo V e il Governo di Padre Pietro da Novi, custode della provincia di Basilicata, nel 1614 iniziarono i lavori di trasformazione del romitorio in un vero Monastero. Il complesso, sebbene costruito con fondi messi a disposizione dall’università, apparteneva ai Padri Francescani Riformati del Monastero di Aversa e costituisce uno degli esempi più interessanti della zona, sia quale polo di emergenza formale, sia quale protagonista di eventi storici e religiosi che l’hanno caratterizzato nel tempo. L’impianto del Monumento denuncia chiare trasformazioni, aggiunte a conseguenti mutamenti di funzioni che hanno consentito allo stesso un passaggio qualificante attraverso i secoli. Fino a quache decennio fa, sull’architrave dell’ingresso al Monastero, si leggeva la data 1100, ma un esame attento delle strutture interne sembra escludere, anche per il nucleo più antico, la possibilità di una datazione così remota. La pietra dell’architrave, di conseguenza, è stata asportata da un monumento più antico della zona, probabilmente già in rovina all’epoca della costruzione del Monastero. La pratica del riciclo del materiale è d'altronde testimoniata dal ritrovamento, durante il restauro della chiesa negli anni 80 del secolo scorso, di un impastatoio fittile, inserito nelle strutture murarie, a zampa di cavallo, recante sul corpo tronco-conico un’iscrizione disposta a spirale, riportante al nominativo un nome maschile seguito del patronimico citato al genitivo dorico; KAINAΣ ΨAMΩ. Nel 1723, all’epoca di Fra Teodoro di Pisticci, durante i viaggi ispettivi nei conventi Francescani di Basilicata, furono compilate due platee del Monastero nelle quali si diceva che lo stesso è dotato al piano inferiore di refettorio, cucina, focagna, altra stanza annessa per la conservazione degli utensili (ambienti tuttora ben leggibili), mentre al piano superiore vi erano 24 celle e una ricca biblioteca con testi di Patristica, Teologia, Scolastica e Morale.
                      





venerdì 16 novembre 2018

Altro articolo pubblicato sul quotidiano Roma Cronache Lucane



Nuovo articolo...La dignità...




LA DIGNITÀ PER 600 LUCANI FINISCE A DICEMBRE

Gli Assessori Regionali, Roberto Cifarelli e Luca Braia, restano insensibili alle criticità elencategli oltre un mese fa da componenti del Progetto Idraulico-Forestale di Ferrandina.


Nonostante le promesse fatte nell’ultimo incontro tra Assessori e rappresentanti dei 45 dipendenti del Consorzio di Bonifica della Basilicata di Ferrandina, beneficiari del Progetto Regionale, Reddito Minimo d’Inserimento, settore Idraulico-Forestale, su correzioni al Bando originario per la tutela di dipendenti con patologie e valutazioni di curriculum vitae personali, nonostante più volte ribadito, che non è possibile lasciare alle intemperie e alle esposizioni meteorologiche soggetti patologicamente a rischio, più volte detto, che i dipendenti andrebbero valutati per la loro giusta collocazione, tramite titoli e curriculum personali, e non più con vecchi metodi di “raccomandazioni” o come vorrebbero farle passare “consigli di colleghi”, ancora niente si è mosso, la tanto decantata “dignità” resa a 600 soggetti disagiati tramite detto progetto, che purtroppo viene meno, nel periodo Gennaio-Giugno 2019, restando senza alcuna copertura economica, non ha avuto alcun effetto su detti Assessori, ne tantomeno su Sindacalisti distratti ma molto attenti a tesseramenti e nuove iscrizioni. Ribadiamo anche, che dette responsabilità, non sono da attribuire al Consorzio di Bonifica, perché Soggetto Attuatore/Gestore di un ben altro progetto, quello del RMI, che li vede ancora legati al Bando originario, e di conseguenza assunti dal Gestore senza alcun contratto (CCNL) ufficiale, ma dalle norme contenute nel Bando, quindi nulla a pretendere ad alcun diritto, ma solo a molti doveri, roba da terzo mondo, nonostante l’era della Cybernetica che stiamo vivendo in questo secolo. In conclusione ricordiamo a datti Assessori e Sindacalisti che, se vogliono continuare a decantare “dignità” si assicurassero prima che sia una dignità vera e non a scadenza, perché non esiste dignità se non c’è serietà ed onestà nei progetti assistenziali, ma soltanto fumo di paglia, che come si sa, non fa altro che inasprire gli animi di chi ha disagi sociali, familiari ed economici. Questa una delle tante testimonianze diffuse in tutta la regione: “C. P., 50 anni, bracciante forestale di Tricarico da 25 anni, con un diploma in agraria e svariati problemi di salute, cardiopatia ipertensiva, insufficienza venosa e una raccolta di ernie multiple alla colonna vertebrale. Non voglio fornirle la mia cartella clinica, ma condivido e avvaloro le parole del suo articolo, che rispecchiano perfettamente la realtà di molti colleghi che patiscono lo stesso martirio tutti i giorni, e che costretti dalla necessità, soffrono e sopportano in silenzio”. Per tutto questo,facciamo appello direttamente a Roberto Cifarelli, Luca Braia, Vaccaro, Nardiello e se vogliamo anche ad altre forze sindacali, per la disponibilità ad incontrarci in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo, pur di giungere ad una conclusione ottimale, visto anche l’approssimarsi di elezioni Regionali, perché già sappiamo che il futuro di questa Regione, sarà consegnato nelle mani di chi avrà fatto e saprà fare le cose nel migliore dei modi.




sabato 3 novembre 2018

Nuovo articolo pubblicato sul quotidiano ROMA Cronache Lucane



Ancora Ferrandina e i suoi tesori


Antonio Sarnelli

(Napoli, 17 gennaio 1712 – Napoli, 1800)

I Parte

E’ stato un pittore italiano, attivo in particolare nel Regno di Napoli nel corso del Settecento. Allievo del De Matteis insieme ai fratelli Gennaro e Giovanni. Si ispira, oltre che al De Matteis, anche al Giordano e al Solimena. Le sue prime opere risalgono al 1731. Lavora prevalentemente per le chiese di Napoli e della Campania, ma talvolta riceve degli incarichi anche fuori regione, come in Calabria e Puglia. 
Opere  -  Capua: Chiesa dell'Annunziata: La Madonna di Costantinopoli (tela, 1754). Ercolano: Chiesa di Santa Maria della Consolazione: L'Apparizione della Vergine a San Nicola da Tolentino (tela, 1778). Faicchio: Convento di San Pasquale: Cristo Risorto con la Madonna ed Angeli (tela, 1772). Ferrandina: Chiesa del Purgatorio: La Trinità con San Vincenzo Ferrer e una devota (tela, 1734). Grottaminarda: Chiesa di S. Maria Maggiore: L'Immacolata; S. Giacomo e S. Tommaso che adorano il Santissimo Sacramento (tele, 1766). Matera: Chiesa di San Domenico -  La Madonna con il Bambino tra i Santi Vincenzo Ferrer e Giacinto (tela, 1781). Rocca San Felice: Chiesa di S. Maria di Costantinopoli: L'Assunta con San Nicola e San Rocco; La Madonna del Rosario con San Domenico e San Vincenzo (tele, 1741). San Salvatore Telesino: Chiesa di Santa Maria Assunta: San Leucio in Gloria; L'Ultima Cena (tele, 1777). Sant'Anastasia: Santuario della Madonna dell'Arco - San Michele sconfigge il Demonio; I Santi Domenicani estraggono rosari dalle piaghe di Cristo (tele, 1774/1777). Sessa Aurunca: Chiesa dell'Annunziata - San Leone IX in Gloria; L'Assunzione (tele, 1760). Somma Vesuviana: Chiesa della Trinità - San Michele sconfigge il Demonio; San Gaetano adora il Bambin Gesù tra le braccia di San Giuseppe(tele, 1750). Soriano Calabro: Santuario di San Domenico - San Tommaso con il Crocifisso Miracoloso e la Vergine (tela, 1743). Tramutola: Chiesa Madre - L'Incoronazione della Vergine (tela). Napoli: Basilica di Santa Maria del Carmine Maggiore - La Madonna con il Bambino tra i Santi Giovanni Battista ed Evangelista(tela, 1733). Casa Professa dei Padri Gesuiti - Il Trionfo della Chiesa sull'Eresia (affresco, 1750). Chiesa di Santa Maria del Rosario a Portamedina - Sant'Antonio adora il Bambin Gesù tra le braccia di San Giuseppe attorniato dai Santi Michele e Gennaro (tela, successiva al 1750). Chiesa di Santa Caterina a Chiaia - La Beata Pastora (tela, 1755); San Francesco in Gloria (affresco, 1767); Lo Sposalizio Mistico di Santa Caterina d'Alessandria (tela, 1770); Ecce Homo (tela, 1774). Chiesa di San Giuseppe dei Ruffi - La Madonna dell'Ulivo (tela, 1759). Chiesa della Concezione al Chiatamone - Le Virtù (tele, 1760). Complesso di Gesù e Maria - L'Apparizione della Vergine a San Giacinto (tela, 1763, trasferita in altra sede). Chiesa di San Pasquale a Chiaia - L'Apparizione di San Pietro d'Alcantara a Santa Teresa d'Avila; L'Apparizione di Cristo a Santa Margherita da Cortona; L'Immacolata con i Santi Antonio, Francesco, Gennaro e Nicola; San Pasquale con la Vergine in Gloria (tele, 1764). Chiesa di San Giuseppe a Chiaia - L'Annunciazione; Il Sogno di San Giuseppe (tele, 1765). Basilica di San Pietro ad Aram - L'Immacolata (tela, 1767). Palazzo Spinelli di Laurino - Il Trionfo della Fede (affresco, 1768). Complesso dei Cinesi - La Sacra Famiglia con i primi due allievi cinesi del Collegio (tela, 1769); La Madonna con il Bambino tra i Santi Filippo Neri e Teresa d'Avila; La Resurrezione di Cristo (tele, 1792). Chiesa di San Giuseppe dei Vecchi - San Francesco Caracciolo in Estasi (tela, 1771). Complesso di San Francesco degli Scarioni - L'Adorazione dei Pastori (tela, 1773). Complesso degli Incurabili - L'Annunciazione (tela, 1773, trasferita in altra sede). Chiesa di San Gregorio Armeno - La Madonna tra i Santi Pantaleone e Antonio da Padova (tela, 1775). Complesso di Sant'Antonio delle Monache a Port'Alba - Il Transito di San Giuseppe (tela, 1780). Quadreria del Pio Monte della Misericordia - San Giuseppe con il Bambino; San Giovannino; L'Addolorata; Cristo Portacroce (tele).


           
                         Annunciazione                                    Madonna del Carmelo


sabato 20 ottobre 2018

Ennesimo articolo pubblicato sul quotidiano ROMA Cronache Lucane


Ricchezze Culturali della Città di Ferrandina





Santuario Madonna dei Mali
Ferrandina

di Enzo Scasciamacchia

Il piccolo santuario della Madonna dei Mali o del Pozzo di Ferrandina rivela nella parte strutturale la sua fondazione cinquecentesca. Essa è infatti costituita da un’unica aula rettangolare, conclusa da una parete piatta priva di abside, con volta a botte unghiata e pareti d’ambito scandite da arcate divise da robusti pilastri. Questi ultimi presentano il blocco d’imposta piuttosto aggettante e interrotto sulla facciata esterna in corrispondenza di una lesena piatta, che pare frutto di una manomissione di epoca successiva e che raggiunge il cornicione. Ad un successivo intervento settecentesco di devono gli stucchi della parete di fondo che, con un disegno flessuoso, simulano il prospetto di un edificio. Il santuario riceve luce dalle finestre strombate, poste nelle lunette al di sopra del cornicione ed un’altre facciata, collocata in asse con una nicchia rettangolare, che accoglie l’affresco della Madonna col Bambino e i SS. Giuseppe e Domenico, e con il portale. Su quest’ultimo è possibile riscontrare la data del 1616. Un ciclo di affreschi si sviluppa sulle pareti laterali, al di sotto delle arcate, con sei episodi della vita della Vergine: a sinistra la Natività della Vergine, la Presentazione al Tempio e l’Annunciazione; sull’altare la Madonna dei Mali; a destra dalla terza arcata la Visitazione, la Presentazione di Gesù al tempio e l’Assunzione della Vergine. Nel riquadro centrale della volta appare l’immagine della Vergine che cura con l’acqua di un’ampolla un ammalato ai suoi piedi. Il riquadro è affiancato da altri due riquadri che rappresentano S. Domenico e S. Tommaso. Ai lati di ciascuna unghia vi sono inoltre ovali con santi dell’ordine domenicano. Il ciclo è stato attribuito al pittore Pietro Antonio Ferro e per la sua datazione è stato suggerito un periodo compreso all’incirca tra il 1605 e il 1615. Sulla parete di fondo, al di sopra dell’altare maggiore, è il riquadro della Madonna col Bambino, attribuito, come gli altri affreschi della chiesa, al pittore Pietro Antonio Ferro e riconducibile ad un periodo compreso tra gli anni 1606 e 1615. Esso raffigura la Vergine a mezzo busto che tiene tra le braccia il Bambino nudo e in piedi, il quale con la destra benedice e con la sinistra sorregge un globo, oggetto di devozione da secoli.
Da tempo immemorabile a Ferrandina si festeggia la Nascita della S. Vergine nella Chiesa della Madonna "dei mali " mala nostra pellit, bona cuncta poscit”. Il titolo è certamente legato alla sorgente di acqua ritenuta prodigiosa, che sgorga copiosa a lato della Chiesa. All' interno un affresco del pittore locale Pietro A. Ferro faffigura la Vergine con il Bambino che versa dell' acqua su di un piccolo malato gacente nel suo giacilio, mentre invoca soccorso. Ogni ferrandinese è legato a questo piccolo Santuario “quisquis hoc Templum beneficia petiturus ingreditur cuncte se impetrasse laetetur” (Chiunque entra in questo Tempio per chedere benefici si rallegri come se li avesse già ottenuti). Un antico adagio delle nostre nonne raccomandava a chi fosse nel panico, per problemi soprattutto di malattia, di non "andare spesso", quasi perdendo tempo ed energie a vuoto, ma di rivolgersi senz' altro alla Madonna "dei mali". Come nel santuario di Lourdes è attraverso l' Acqua che l' aiuto materno della vergine si fa tangibile:
O malorum medicina, pulchra rosa sine spina, o fons aquae salutaris, nos a cunctis serva malis.


giovedì 11 ottobre 2018

Ferrandina ancora protagonista sul ROMA Cronache Lucane


Ennesimo articolo su Ferrandina




Chiesa Madonna del Carmine
Rione Purgatorio
Ferrandina

I Parte

La Chiesa del Purgatorio è stata la prima struttura completa di Chiesa. Essa fu costruita dai monaci domenicani venuti da Uggiano. Quando a causa di un terremoto la Chiesa subì dei danni, i domenicani lasciarono il Purgatorio e costruirono San Domenico. La Chiesa fu ricostruita dai monaci di San Pio dei Morti e venne chiamata Chiesa del Purgatorio. Tuttora conserva un San Vincenzo Ferreri della prima metà del Settecento, opera di Antonio Sarnelli, una Trinità ed un organo antico del 1700 dove possiamo guardare in cima alla cassa barocca il simbolo della congregazione di San Pio dei Morti. L'austera facciata della chiesa è animata da rilevanti elementi architettonico-decorativi. Al di sopra del cinquecentesco portale bugnato, campeggia l' emblema nobiliare della famiglia Del Balzo, sovrastato da un semplice rosone ad archetti regolari (XV secolo) . Sul fianco destro il settecentesco e lineare corpo di fabbrica conserva il piccolo portale di ingresso del XVI secolo scolpito a tondi rilievi concentrici, sormontato da una cornice in pietra che inquadra una nicchia circondata da decorazioni a motivi vegetali. All'interno della nicchia un affresco del XVIII secolo raffigura l'Assunzione di Maria. Sullo stesso lato della chiesa, si erge il caratteristico campanile a vela. Antico Convento dei Padri Domenicani e Chiesa di S. Maria da Loreto, oggi chiesa del Purgatorio Costituisce la seconda sede dei PP. Domenicani provenienti dalla Badia di Ognissanti nei pressi del Castello, come stabilito dalla bolla di papa Leone X dell’11 dicembre 1517, ma del Convento sono rimasti solo alcuni locali adibiti ad abitazioni. La Chiesa di S. Maria da Loreto prende il nome da una cappella preesistente, ma secondo la tradizione è stata costruita delle stesse dimensioni di quella diruta di S. Domenico nei pressi del Castello. I portali ed il portone principale del XVI sec., il rosone ed il bassorilievo con lo stemma della famiglia Del Balzo, che riproduce un cimiero posto su di una ruota raggiata, provengono dall’antica cappella. Nel XVIII sec. la chiesa fu ampliata con la costruzione di un ala laterale che oggi funge da sacrestia. Opere presenti: Icona di S. Giacinto di ignoto pittore meridionale risalente al XVIII sec. Originariamente facevano da cornice a questa tela 13 formelle lignee di ignoto intagliatore meridionale del XVIII sec. di cui si sono perse le tracce;  olio su tela di 215x148cm raffigurante la Trinità, S. Vincenzo Ferreri e una devota, realizzato da Antonio Sarnelli tra il 1734 ed il 1793;  Cantoria di organo datato 1693 in legno policromato e dorato di ignoto intagliatore lucano del XVIII sec. (dimensioni 150x800x220). Il fronte della cantoria è costituito da 12 pannelli centinati contenenti immagini a rilievo di Santi e Sante Domenicani con l’eccezione dei SS. Lucia, Pietro e Paolo.

lunedì 8 ottobre 2018

Altro articolo pubblicato sul quotidiano ROMA Cronache Lucane



Edizione speciale per un articolo di prima pagina


IL PROGETTO IDRICO-FORESTALE REGIONALE A FERRANDINA NON CONVINCE

Di Enzo Scasciamacchia

Ai dipendenti del Consorzio di Bonifica della Basilicata di Ferrandina, rientrati nel Progetto Idrico-Forestale , ideato e progettato dagli Assessori al ramo della Regione Basilicata, Roberto Cifarelli e Luca Braia, non convince, la gestione molto superficiale del Soggetto Attuatore/Gestore (il Consorzio) non rende merito, perché troppo carente di servizi e di gestione del personale, ma andiamo per gradi:
1)    Il personale assorbito dalla graduatoria di tipo “A” del Reddito Minimo d’Inserimento (circa 600 aventi diritto) ex Mobilità in Deroga, assunti come “Operai Generici” pur essendo titolati, con esperienze trentennali e più che formati, ognuno per il proprio settore, dal sopra citato Gestore, non presi in considerazione in alcun modo, ne professionale ne per titoli, ne tantomeno per Curriculum.
2)    Non considerato, per eventuali patologie fisiche, non compatibili con il tipo di lavoro assegnato, ma reso idoneo, secondo una visita medica effettuata molto superficialmente dal servizio sanitario, fornito dallo stesso Gestore, ma solo segnalato per “limitazione di servizio”.
3)    Non fornito sufficientemente di DPI (Corredo per la sicurezza sul lavoro) scarsamente formato di N°1 Maglietta a maniche corte, N°1 Pantalone senza catarifrangenti, N°1 Felpa, N°1 Gilet smanicato catarifrangente, N°1 paio di guanti da lavoro, N°1 Casco di protezione per la testa, N°1 paio di scarpe antinfortunistiche, non fornito assolutamente il corredo per la sicurezza invernale.
4)     Incarichi distribuiti a caso o per conoscenze a soggetti con sana e robusta costituzione, senza alcuna esperienza nel settore, ne titoli adeguati, mentre non considerati soggetti titolati ed esperti trentennali nel settore organizzativo/Amministrativo.
5)    Attrezzature scarse o completamente assenti, per il regolare svolgimento del lavoro stesso, o precariamente fornito di utensili manuali.
In fine ci sarebbe da replicare anche sul trattamento economico ed organizzativo, ma sarebbe troppo esosa la descrizione e la spiegazione di carenze che andrebbero, se non corrette, ma almeno controllate, da un servizio di controllo e monitoraggio Regionale, visto che molte volte quello che è stato progettato e studiato da Amministratori attenti e corretti, alla fine viene gestito da soggetti poco attenti e molto superficiali.
Per tutto questo, i sopra citati Dipendenti chiedono, ai sopra citati Assessori, un tavolo di confronto per analizzare e cercare di correggere tutte le carenze di gestione, con chi le carenze le paga ogni giorno, in ogni momento della giornata lavorativa.