Storia infinita quella di Ferrandina
PALAZZO PICCINNI-LAVECCHIA
La
costruzione di Palazzo Piccinni, commissionata dal Notaio Felice Piccinni nel
1890, come si può facilmente leggere sulla targhetta in pietra che sormonta il
portone d’ingresso, disegna l’assetto definitivo del Rione “La Piana” o
“Cittadella” che è la zona più antica dell’insediamento cittadino, terrminando
quel processo, iniziato sin dai primi decenni del XIX secolo, inteso dalla
definizione l’assetto urbanistico del centro storico della Città. Infatti, è
proprio nei primi decenni del XIX secolo che la piazza del largo, l’attuale
Piazza Plebiscito, viene a definirsi nell’odierna struttura: a est si
costruisce Palazzo Caputi, a ovest viene ristrutturato il Palazzo Comunale, a
nord le trasformazioni delle antiche botteghe sottostanti il Complesso
Conventuale di Santa Chiara, iniziate con la costruzione nel 1833, per merito
delle Monache di S. Chiara, delle abitazioni disposte sul lato destro della
salita Marconi, alla cui sommità si apre Largo Palestro, dove come già detto,
quasi a conclusione del processo di assetto edilizio descritto, il Notaio
Felice Piccinni fece edificare la sua abitazione. L’ubicazione del Palazzo è
particolarmente riuscita, poiché chiude l’architettura armoniosa di Largo
Palestro, nel quale si concentrano alcuni dei più importanti monumenti
cittadini, il prestigioso Convento di Santa Chiara, con la sua splendida
Chiesetta del 400, e il contiguo Palazzo D’Amato Cantorio, che si allunga su
Via Dei Mille e delimita la quinta di case di minor pregio che si sviluppa fra
via Dei Mille e Via Vittorio Veneto. Queste due strade sono caratterizzate
lungo i lati esterni, opposti a quelli costituiti dalla cortina di case
opportunamente definite da Palazzo Piccinni, da importanti e belle costruzioni
appartenenti alla più ricca borghesia del posto, come ad esempio il già citato
Palazzo D’Amato Cantorio, il Palazzo Siviglia, il Palazzo Mastromattei, il
Palazzo De Pace e il Palazzo Centola. Per quanto detto, quindi, si può
certamente affermare che la costruzione di Palazzo Piccinni conclude l’assetto
definitivo del Rione “La Piana” o “Cittadella” che è la zona più antica
dell’insediamento cittadino. Il Palazzo, come già ricordato, è stato
commissionato nel 1890 dal Notaio Felice Piccinni, esponente di una nota e importante famiglia
del territorio, per la professione Notarile svolta da tempo, mentre ancora
prima, numerosi esponenti di questa famiglia, furono iscritti all’Albo dei Farmacisti,
come testimoniato dal nipote del committente, anch’esso Notaio, Felice
Piccinni, nato a Ferrandina il 1913 ancora vivente e trasferitosi a Napoli nel
1936. Il Palazzo, dopo il trasferimento della famiglia a Napoli, fu venduto ai
coniugi Lavecchia – D’Amato Cantorio, che l’ha abitato a lungo. Alla morte di
Ida D’Amato Cantorio, il Palazzo è stato ereditato dalla figlia Giovanna Lavecchia,
coniugata Imperio, che ancora lo abita e lo custodisce con cura. Il Palazzo è
caratterizzato da un’armonica facciata a due piani, tripartita da lesene in
mattoni in laterizio intervallate da una fascia marcapiano e conclusa da un
cornicione mistilineo, realizzato in analogo materiale. La facciata del piano
terra, scandita da lesene bugnate in laterizio, accoglie, lateralmente, le
aperture di quelli che una volta erano ambienti destinati a botteghe o
deposito, e, nel comparto centrale, il vano centinato, con cornici in gesso che
consente l’accesso all’androne. Al piano nobile sono presenti due balconi, con
pregevole inferriata ottocentesca e, al centro, un’apertura a “serliana”
realizzata con l’intento di dare maggiore risalto all’abitazione, richiamando
la tipologia delle ville Venete del XVI secolo. Interessante è la realizzazione
della cortina con materiali di differente tradizione, mattoni in laterizio
delle fabbriche locali, intonaco rustico a calce e ringhiere in ferro battuto.
All’interno del Palazzo si accede dal portone originario in legno, di fattura
locale, così come tutti gli altri infissi interni. Nel cortile d’ingresso che
ha conservato l’originario pavimento di lastroni in pietra, di fronte al
portone principale, si apre la porta di un locale adibito a vario uso, mentre a
sinistra l’accesso alla scala a due rampe conduce all’abitazione, posta al
primo piano. La scala, ben illuminata da una finestra, è costituita da gradini
in lastroni originari in pietra, ed è segnata da un semplice corrimano
realizzato da un tondino di ferro, ancorato alla parete con caratteristici
ganci di ferro battuto a forma di mani serrate a pugno. Il pianerottolo fra la
prima e la seconda rampa della scala, è impreziosito da una pregevole colonna
di fattura semplice e rigorosa. L’abitazione vera e propria, si apre in piccolo
disimpegno, con pavimento originario in lastroni in pietra, reso accogliente da
una bella volta a botte non molto alta. Il disimpegno immette, da sinistra,
nella cucina e alla sala da pranzo, disposte l’una di fronte all’altra ed
entrambe dotate di originarie volte a vela, il pavimento dei due vani, invece,
è stato rifatto con ordinarie mattonelle di ceramica. A destra del disimpegno è
l’ingresso nella grande sala per le feste e per la musica, con soffitto piano,
così realizzato, per facilitare la costruzione della sovrastante terrazza con
l’altana. Con ogni probabilità tale assetto, stando alla presenza di travi
metalliche, potrebe essere il risultato di un intervento di ristrutturazione
avvenuto intorno ai primi anni del XX secolo. L’ampio salone è illuminato da
grandi balconi ed ha conservato la pavimentazione originaria realizzata con
“riggiole” quadrate in cotto locale. Sulla parete laterale del salone, si
aprono due stanze con volte a vela e con pavimento originario in cementine
contraddistinte da semplici motivi geometrici. Nella parete di fondo del salone
si aprono un disimpegno con una camera, un piccolo ripostiglio e un bagno,
purtroppo completamente rifatto e pertanto privo degli elementi caratteristici
originari. I locali posti a piano strada ben poco hanno conservato dell’assetto
originario, ad esclusione di alcuni elementi di una caratteristica volta
unghiata.
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