e la storia continua...
Isabella e Diego un amore impossibile
Il rapporto con Diego Sandoval de Castro: Isabella ebbe modo di stringere una
corrispondenza segreta con Diego Sandoval
de Castro, poeta di
origine spagnola e barone del vicino paese di Bollita (oggi Nova Siri), nonché castellano di Cosenza. Poeta di qualche reputazione, Sandoval era membro dell'Accademia degli Umidi e nel 1542 aveva
pubblicato, a Roma, un volume di rime petrarchiste. I due intrapresero uno scambio segreto di lettere in cui
il pedagogo di Isabella svolse il ruolo di intermediario. Si dice
inoltre che entrambi ebbero modo di incontrarsi in alcune occasioni in un
casale della famiglia Morra, a metà strada tra Favale e Bollita. Di che
natura fosse il rapporto tra Diego Sandoval de Castro e Isabella, nella Basilicata remota e al di fuori delle maggiori correnti culturali
del tempo, rimane a oggi un mistero. Certo si sa che le lettere che don Diego
spedì a Isabella furono inviate a nome di sua moglie, Antonia Caracciolo, alle
quali la giovane poetessa avrebbe risposto. Gli storici hanno supposto che
Isabella e Antonia Caracciolo si conoscessero già prima dell'inizio dello
scambio epistolare. Benché vi sia un breve riferimento al matrimonio, nel
canzoniere della poetessa non vi è alcuna traccia di sentimento amoroso nei
confronti di Sandoval o di qualsiasi uomo e nelle rime del barone vi è l'ode
alla persona amata, probabilmente ad una donna in particolare o solamente
seguendo il tema dell'amore in voga al tempo. Tuttavia, nella testimonianza
della Caracciolo riportata da Alonso Basurto, governatore spagnolo della provincia di
Basilicata, a
seguito della morte del marito si legge che Diego venne ucciso per aver
corteggiato una sorella del barone di Favale ma è ignoto se la poetessa
ricambiasse il sentimento. Che si trattasse di un legame sentimentale o di
un'amicizia intellettuale nati in condizioni di duro isolamento, i fratelli ne
furono informati. Decio, Cesare e Fabio, supponendo un rapporto extraconiugale,
decisero rapidamente di porre fine alla vicenda meditando l'assassinio della
sorella e del nobiluomo, quest'ultimo probabilmente visto anche come un
intralcio poiché temevano che avrebbe potuto sollecitare il governatore della
provincia di Basilicata per sottrarre Isabella dall'oppressione a cui la
costrinsero, benché Croce abbia smentito tale ipotesi.
Diego Sandoval De Castro: Di origini spagnole, era unico e legittimo figlio del
nobile iberico don Pedro (lontano discendente dalla casa reale
di León), trasferitosi nel viceregno di Napoli nei primi anni
del Cinquecento: in seguito un altro ramo della stirpe si diffuse in
Sicilia. Sua madre fu Giovanna Bisbal, scomparsa precocemente. Il piccolo
Diego, nato probabilmente nel feudo calabrese amministrato dall'avo
materno Francesco Bisbal, conte di Briatico (dal 1496)
e Calimera, venne posto sotto tutela della vedova di questi, Caterina
Saracina, per 11 anni, fino al raggiungimento della maggiore età. Don Diego
militò nell'esercito dell'imperatore Carlo V, prima di essere investito
della baronia di Bollita, oggi Nova
Siri (in provincia di Matera), e di ottenere
la castellania di Cosenza. Acquistò nel 1534, per la somma
di 5000 ducati, il feudo di Campana da Ferdinando Spinelli.
L'anno successivo ricevette Carlo V, proveniente da Tunisi, a Cosenza.
Nel 1541 intervenne nella battaglia di Algeri. Sandoval fu
iscritto all'Accademia Fiorentina, dove si inimicò il Lasca, dal quale fu
denigrato in un sonetto satirico con questo verso: "Senza sapere punto di
lingua e col fare al Petrarca la bertuccia". Don
Diego sposò per procura l'aristocratica napoletana Antonia
Caracciolo; tuttavia intrecciò un legame culturale e forse amoroso con
la baronessa di Favale (oggi Valsinni,
in Basilicata) Isabella di Morra. Entrambi si dilettavano scrivendo e
inviandosi vicendevolmente alcune poesie, e il 28 marzo 1542 il
barone pubblicò una raccolta delle sue rime petrarchesche, in cui celebrò
l'amore, il dolore e la bellezza femminile. La corrispondenza tra i due
personaggi veniva scambiata attraverso il precettore di donna Isabella e
indirizzata alla moglie Antonia: oggi rimangono solo le lettere che il Sandoval
scrisse a donna Isabella, mentre le risposte non sono pervenute.
Nel 1543 il nobiluomo fu accusato di fellonia e sospeso
dall'incarico di castellano di Cosenza. Decise, pertanto, di dimorare
a Benevento da dove, segretamente, raggiungeva il suo castello di
Bollita, abitato dalla consorte e dai figli: il maniero, edificato nel punto
più alto, esiste tuttora e racchiude la piazza del borgo, in modo che il
feudatario potesse esercitare una serrata vigilanza. Nel 1546 i
fratelli di Isabella scoprirono la presunta relazione tra i due e presero la
decisione di ucciderla, nel castello di Valsinni, insieme al
suo pedagogo. Il trentenne don Diego, invece, fu trucidato pochi mesi dopo
con tre colpi di archibugio durante una battuta di caccia nei boschi
di Noia, presso Potenza: gli assassini ripararono in seguito
in Francia presso il padre Giovanni Michele, che già da anni si trovava
presso la corte di Francesco I, e che li protesse riuscendo ad evitare un
processo a loro carico per fratricidio e pluriomicidio. Dietro il loro supposto
"delitto d'onore" si presume che si celassero motivi d'interesse
(spartirsi la dote e l'eredità di Isabella) e inveterate avversioni politiche
(Diego era fautore dell'imperatore Carlo V, mentre la famiglia della poetessa
parteggiava per il re di Francia). Diego Sandoval de Castro fu sepolto
nella cripta della Chiesa Madre di Bollita, ma il sito preciso non è stato
individuato.
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