Lo Staccone il soprannome del Brigante Ferrandinese
Vincenzo Mastronardi
Brigante Ferrandinese
(Ferrandina, 1834 – dicembre 1861)
Biografia
Barbiere di
professione, soprannominato Staccone, evase dal carcere
di Potenza dove era detenuto per reati comuni e nell'agosto
del 1860, si unì ai garibaldini per partecipare ai moti unitari,
nella speranza di perdono per i reati commessi in precedenza, come stabilito
da Camillo Boldoni, membro del comitato insurrezionale lucano. Non avendo
ricevuto la grazia, diventò uomo fidato di Carmine Crocco, sotto il nome
di Amato o D'Amato, partecipando alle spedizioni del capo
brigante rionerese. Per i "meriti" conseguiti (15 furti
e 4 assassini), gli fu conferito il grado di Colonnello. All'apice delle
scorribande brigantesche, mentre entrava a Rapolla pronunciò la seguente
frase: «Si dice che Francesco II è un ladro.
Or bene: io ladro di professione, vengo a restaurare un ladro sul
trono».
Arrestato a Boiano, provincia di Campobasso,
nell'estate del 1861, fu condotto a Picerno con altri tre
briganti (Francesco Pugliese, Nicola Cilenti e Luigi Romaniello) e poi condotto
nel carcere di Potenza. Tra il 6 e il 7 dicembre dello stesso anno,
durante una notte scossa da neve e vento, Luigi Palese, capo custode delle
carceri, entrò nella cella in cui erano rinchiusi i briganti e, svegliandoli,
ordinò di prepararsi per essere tradotti a Salerno.
Mastronardi sospettava la sua morte ed esclamò: «ho capito ora ce
la fanno», sebbene il carceriere li invitò a calmarsi. Nella medesima notte, i
briganti vennero fucilati. Non si sa con certezza la dinamica della morte, si
ritiene che, durante il tragitto, i prigionieri furono uccisi a colpi di
baionetta in un tentativo di fuga ma sorse anche il dubbio che i detenuti
vennero freddati senza aver commesso nulla di eversivo, poiché, non essendo
fuggito poco dopo l'arresto quando era sciolto e con poca scorta, risulta
piuttosto strano che Mastronardi abbia tentato di scappare durante il serrato
trasferimento a Salerno. La verità non si seppe mai.
I cadaveri vennero esposti, il giorno seguente, presso la
"Piazza Sedile" di Potenza: giacevano su un carro ricoperto di neve.
Il termine “Brigante” fu coniato dai francesi per definire quei
ribelli meridionali che si opponevano all’invasione francese nel periodo
napoleonico e fu riutilizzato così come dai francesi, da parte dell’esercito
dei Savoia, per giustificare gli stermini contro quei poveri ribelli, che
venivano ricordati come dei banditi e latitanti. Quindi : i briganti nascono
come “fuorilegge” che operano con piccole bande, banditi di campagna. ma come
vediamo, negli anni successivi al 1860 però questo termine verrà esteso, a scopo
denigratorio, a tutte le truppe partigiane irregolari che combattono contro gli
invasori piemontesi.
Questi briganti (resistenti) erano dunque quelli politicizzati,
ossia quei combattenti che si opposero con le armi all’instaurazione della
monarchia sabauda nel Regno delle due Sicilie. Essi rappresentarono in realtà
una forma d’insurrezione politica e sociale composta da quella parte della
popolazione del Mezzogiorno (soprattutto in Basilicata, Puglia, Campania,
Molise e Abruzzo) che tentò di organizzarsi militarmente contro i Savoia e
quindi durante il processo di unificazione dell’Italia nel primo decennio del
Regno. Si trattò di una vera guerra civile combattuta da persone comuni
divenute dall’oggi al domani “briganti” per la difesa della terra. In altre
parole questi briganti erano in realtà guerriglieri antisabaudi che cercarono
di rifar salire al trono quella dinastia (i Borbone) che aveva bonificato tante
paludi per far girare il commercio agricolo. Chi erano questi
briganti/resistenti? Essi comprendevano un po tutte le fasce sociali: medici,
contadini, avvocati, artigiani, alcuni militari borbonici, come anche
reazionari borbonici e repubblicani; tutti che combattevano per una causa
politica. Difendere le terre del Sud dai piemontesi.
Dunque coloro che sono passati alla storia come “Briganti”, non
erano solo semplici cittadini o contadini (come si suole dire nei libri
scolastici), ma anche tanti, tantissimi valorosi soldati e comandanti borbonici
che hanno preferito morire con dignità piuttosto che lasciarsi corrompere. E
chiunque veniva catturato era fucilato o deportato a Fenestrelle (o in altri
lager del mondo moderno a Nord d’Italia), sottoposto ai lavori forzati in
condizioni misere e disumane. Nessun poteva uscire da quei campi di
concentramento (i primi in Europa) dove la durata minima di vita era di circa
un mese. Si dice che molti dei loro corpi siano stati sciolti nell’acido o
nella calce viva comunque a nessuno di loro fu ridonata la libertà. Al Sud poi
c’erano appunto i briganti, considerati dai Piemomtesi malfattori – ma quello
era il prestesto per far accettare il loro sterminio, visto che erano dei
patrioti borbonici insorti. Molte furono le sconfitte che subirono le truppe
-male equipaggiate- dei piemontesi da parte dei patrioti. Nonostante ciò
l’esercito savoiardo riuscì a salire mezza italia: servendosi della corruzione
dei generali borbonici, appunto. Inotre il Regno di Vittorio Emanuele II non
dichiarò alcuna guerra e si fece aiutare dai bombardamenti a tappeto della
marina inglese che si era alleata con i Savoia (…) poichè la Gran Bretagna
dalla sconfitta del Regno Borbonico, avrebbe guadagnato il dominio dello zolfo
siciliano e sui mari del Sud che erano sotto l’egemonia borbonica. Napoli non
fu e non sarà mai favorevole prima della nascita della repubblica al Re Savoia.
Non a caso parecchi cittadini napoletani, furono fucilati e ci furono molti
tentativi di guerriglia contro i piemontesi; ancora oggi antichi canti in
dialetto dell’epoca raccontano quel periodo. I cittadini combatterono
valorosamente per liberare la loro capitale.
Briganti Lucani |
Vincenzo è stato il mio grandissimo bisnonno. grazie. ogni altra informazione sulla sua storia è molto apprezzata!
RispondiElimina