LA STRADA PUBBLICA DELLI MEROLI
(FERRANDINA)
In realtà si tratta di “CORNACCHIE” che nel lontano 1500 chiamavano “MEROLI” e che hanno popolato una delle più vecchie stradine della Città Aragonese, nidificando e riproducendosi nel sottotetto del Palazzo Gentilizio più antico della Città, e che nonostante il trascorrere di secoli, nonostante le varie Amministrazioni susseguitesi avessero più volte cambiato denominazione alla strada, sono ancora presenti sul posto, continuando la loro storia, con nuovi nidi e nidificazioni, riempiendo le nostre moderne autovetture di piumaggi ed embrioni sfuggiti al loro controllo.
Una breve loro descrizione: Si tratta di uccelli dall'aspetto robusto e massiccio, muniti di testa dalla forma arrotondata con fronte sfuggente, becco conico, forte e dalla punta lievemente adunca, collo robusto, lunghe ali digitate, zampe forti e coda dalla forma squadrata e di media lunghezza.
Nel complesso, la cornacchia nera ricorda molto (in special modo i giovani, che a parte le dimensioni medie sono virtualmente indistinguibili) l'affine corvo imperiale, rispetto al quale mostra dimensioni medie inferiori, aspetto più slanciato (tale caratteristica risulta tuttavia evidente solo se le due specie vengono messe a confronto diretto e non viste separatamente), coda squadrata anziché cuneiforme e iridescenza del piumaggio verde piuttosto che viola: la cornacchia grigia risulta perfettamente identica nell'aspetto e nelle dimensioni alla cornacchia nera, ma è molto semplice da differenziare da quest'ultima per la diversa colorazione del torso. In volo, inoltre, la cornacchia nera risulta molto simile al corvo nero (che al suolo è facilmente riconoscibile per la faccia nuda), che tuttavia presenta ali più lunghe e becco più massiccio e che quindi appare più corto.
Il piumaggio, come del resto intuibile dal nome comune, si presenta totalmente di colore nero, lucente e dalla consistenza sericea: sul corpo sono presenti sfumature metalliche di colore verdastro, ben evidenti quando l'animale è nella luce diretta.
Il becco e le zampe sono di colore nero: gli occhi, invece, sono di colore bruno scuro.
La cornacchia è un uccello diurno, che vive in stormi anche numerosi, talvolta in associazione coi tendenzialmente più solitari corvi neri: durante il giorno, questi uccelli passano la maggior parte del tempo al suolo o fra i rami dei cespugli alla ricerca di cibo, facendo poi ritorno nel tardo pomeriggio verso alberi-posatoio dove poter passare del tempo a socializzare e soprattutto passare la notte al riparo da intemperie ed eventuali predatori.
Il richiamo della cornacchia nera consiste in un forte e roco craaak, più acuto rispetto a quello del corvo imperiale e più grave e vibrante rispetto a quello del corvo nero, ripetuto generalmente tre volte e con intensità più o meno crescente a seconda dell'eccitazione dell'animale: durante le vocalizzazioni, spesso l'animale tende la testa in avanti e arruffa le sottili penne della gola, simili a una barba. Alcuni esemplari, specie se in cattività, riescono a riprodurre alcuni suoni simili a quelli umani e a ripetere alcune parole.
Come la maggior parte dei corvidi, la cornacchia nera è virtualmente un onnivoro opportunista, con tendenza alla saprofagia: questi uccelli, infatti, in natura si nutrono principalmente di insetti e altri invertebrati, larve, carcasse (dalle quali piluccano sia pezzetti di carne sia insetti e larve saprofagi), uova e piccoli vertebrati (anfibi, rettili, nidiacei di piccoli uccelli e adulti di specie un po' più grandi, arrivando a predare merli e anatroccoli, e piccoli mammiferi), nonché, sebbene sporadicamente, semi e granaglie, bacche e frutta matura.
Le cornacchie possono collaborare fra loro per aggredire grossi rapaci o piccoli canidi e sottrarre loro le prede.
Con l'antropizzazione sempre maggiore dell'areale di diffusione, le cornacchie, animali molto intelligenti, si sono rapidamente adattate a trarre profitto dalla situazione, radunandosi presso gli insediamenti e beneficiando dell'aumentata disponibilità di cibo sotto forma di scarti e rifiuti.
Si tratta di uccelli monogami, le cui coppie rimangono insieme per anni, non di rado per la vita.
La stagione riproduttiva va dalla seconda metà di marzo alla fine di maggio: le coppie portano generalmente avanti una singola covata l'anno, cominciandone una seconda qualora la prima vada perduta per qualche motivo durante le fasi iniziali (costruzione del nido o cova delle uova).
I due sessi collaborano nella costruzione del nido, che di norma avviene fra i rami di un grosso albero isolato. Il nido si presenta piuttosto voluminoso e dalla forma a coppa, molto simile a quello del corvo imperiale, ma meno imponente: esso viene edificato intrecciando rametti e fibre vegetali, e foderando l'interno con materiale più morbido.
All'interno del nido, la femmina depone 3-6 uova lisce e leggermente lucide, di colore azzurrino fittamente maculato di bruno: esse vengono covate dalla femmina (col maschio che nel frattempo stazione di guardia nei pressi del nido, scacciando eventuali intrusi e occupandosi inoltre di reperire il cibo per sé e per la compagna) per 18-20 giorni, al termine dei quali schiudono pulli ciechi e implumi.
I nidiacei vengono imbeccati dalla sola femmina (che a sua volta riceve il cibo dal maschio) per i primi giorni di vita: in seguito, ambedue i genitori partecipano alla cura e all'alimentazione della prole, non di rado con la collaborazione di uno o più giovani non riproduttivi della nidiata dell'anno precedente.
In tal modo, i giovani si involano all'età di 4-5 settimane circa: anche dopo l'involo, tuttavia, essi continuano a rimanere coi genitori, seguendoli nei loro spostamenti, entrando a far parte dello stesso stormo e continuando (sebbene sempre più sporadicamente man mano che raggiungono la maturità) a chiedere loro l'imbeccata.
Sono distinguibili due grandi popolazioni disgiunte di cornacchia nera, una europea e una asiatica: la prima è diffusa dalla penisola iberica alla Boemia (Gran Bretagna tranne le Highlands scozzesi e Irlanda orientale comprese) a sud fino alle Alpi, mentre la seconda è diffusa dalla sponda orientale dello Enisej (in Siberia centrale) alla Kamchatka (comprese le isole Curili, Sakhalin e il Giappone tranne Kyūshū) a sud fino al Turkmenistan orientale, all'Afghanistan nord-orientale, al nord di Qinghai e Sichuan e all'Hebei.
In Italia, la specie è presente lungo l'Arco alpino, specie in Valle d'Aosta (dove non è difficile osservare coppie miste e individui ibridi, specie lungo il fondovalle della Dora Baltea).
La maggior parte delle popolazioni tende a essere residente: la cornacchia nera mostra tuttavia un grande potenziale di dispersione, con le popolazioni settentrionali della sottospecie asiatica che migrano in autunno a sud fino all'Iran nord-orientale, al Belucistan e al Khyber Pakhtunkhwa, mentre quelle dell'Europa Centrale che si disperdono in direttrice SW, raggiungendo l'Europa Meridionale dove passano l'inverno.
La cornacchia nera è un uccello molto adattabile: l'habitat d'elezione originario di questi uccelli è rappresentato dalle aree aperte a copertura erbosa con presenza qua e là di macchie boschive miste più o meno estese, tuttavia attualmente questi uccelli colonizzano senza grossi problemi anche le aree antropizzate suburbane o urbane.
Una vita, la loro, che dura dal lontano ‘1500, hanno in cui, si presume, fu costruito l’antico Palazzo, ne da’ notizia un documento ritrovato, ma mai approfondito, del 1762, che ne indica la sua origine, dall’epoca del trasferimento nel nuovo abitato, degli abitanti dell’antica UGGIANO, e sempre lo stesso documento, indica i vari passaggi di proprietà, da Giacomo De Leonardis (Noto Patriota) a certo Nicola Rocco indicandolo come confinante, continuando con Domenico Ridola (Affermato e apprezzato Archeologo e ricercatore della Storia Antica Materana del Paleolitico/Neolitico), che ne vide i suoi natali, per finire alla famiglia Centola, dove ne prende e ne mantiene il nome sino ad oggi.
Tutte le mattine, sino a tramonto inoltrato, si ode il loro gracchiare, stormi di centinaia, in volo per tutta la frontale vallata, posandosi sui muretti, lungo le ringhiere, sui fili elettrici, sulla pavimentazione stradale, incuranti del passaggio di esseri umani, tanto abituati alla convivenza ed alla certezza della loro incolumità.
Una caratteristica che dovrebbe essere ripresa da Amministratori attenti e amanti della Storia Antica, senza ledere, naturalmente, l’attuale denominazione, del tutto rispettabile, ed altrettanto importante per l’illustrissimo personaggio, ma nel rispetto di antiche scritture che la citano come caratteristica “Strada Pubblica delli Meroli”.
Una Storia Antica dettata non dall’Uomo, ma dalla fauna, che protraendosi nei secoli mantiene intatta la sua origine, semplicemente continuando il suo corso naturale, quello che da origine alla vita… che l’essere umano puntualmente cancella con il progresso, con la presunzione del rinnovamento e della mania di modernità, a scapito di tanta Storia Antica.
di Enzo Scasciamacchia
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